04/10/18

Anche a Riace l'obbedienza non è virtù


La recente vicenda giudiziaria del sindaco di Riace mi ha fatto ripensare a un libro che ho letto a ventanni ventanni fa, intitolato "L'obbedienza non è più una virtù" e scritto da Don Lorenzo Milani assieme ai suoi giovani studenti.



Certo, il contesto e il tema trattato dal priore di Barbiana sono distanti dall'affaire Mimmo Lucano, ma esiste anche una cruciale similitudine.
In breve, nel suo libro in forma di lettera, Don Milani rispose candido e feroce alle accuse dei cappellani militari rivolte ai primi obiettori di coscienza nell'Italia della leva obbligatoria: questi ultimi per la loro obiezione stavano in carcere, mentre i cappellani li incolpavano di viltà.

Don Milani non riuscì a stare in silenzio, gli fremettero letteralmente le mani e le idee, e scrisse che gli obiettori alla leva, disobbedienti e incarcerati, non erano vili bensì profeti; e se il luogo dei profeti è la prigione, i cappellani militari stavano propriamente dalla parte sbagliata di chi ce li teneva.

Dal caso particolare, l'insegnamento di Don Milani si estese ad un livello più generale, ovvero: quando le leggi non sono giuste (cioè quando convalidano il sopruso del forte) occorre battersi perché siano cambiate, anche disobbedendo.
Questa ultima generalizzazione comprende le storie, anche recenti, di disobbedienza alle leggi ingiuste di molti uomini e donne contro; e tra questi, Mimmo Lucano sindaco di Riace.

La sua vicenda oramai è nota, è accusato di aver favorito l'immigrazione clandestina, se pur senza ottenere per lui nemmeno un euro, come ammettono anche i giudici. Eppure, grazie all'accoglienza dei migranti, Riace oggi è rinata, l'economia locale si è riattivata, le case una volta vuote ora sono abitate, i terreni prima incolti ora sono lavorati e persone di differente provenienza e cultura vivono lavorano e cambiano assieme.