23/05/14

Elezioni Europee 2014: tre domande per Annalisa Comuzzi


Giorno 22 maggio abbiamo incontrato, presso il locale udinese La Frasca di Città, Annalisa Comuzzi, candidata della lista l'Altra Europa per Tsipras. Lo scrivente ha moderato l'incontro e ha proposto ad Annalisa tre domande su lavoro, valori e modalità organizzative della sinistra. Ne è nato un interessante e vivace dibattito tra la candidata e i presenti. 
Pubblichiamo di seguito la presentazione e le domande a cura del moderatore, rimandando ad altra data l'eventuale trascrizione delle risposte.  


Benvenuti al nostro incontro. Prima di iniziare ringraziamo il signor Mantovani, gestore di questo locale, per la sua cortesia e ospitalità nonché le ragazze che qui lavorano: Stefania, Ilaria, Mara e Valentina (l’elenco ovviamente non è in ordine di importanza).

Ringraziamo naturalmente anche Annalisa Comuzzi che ha deciso di buon
grado di accettare il nostro invito al confronto.

L’obiettivo dell’incontro conviviale è quello di conoscere meglio il pensiero di Annalisa su politica, beni comuni, Europa ed altro ancora. Come a tutti i presenti è probabilmente noto, Annalisa Comuzzi è candidata nel collegio Nord Est per la Lista Altra Europa per Tsipras, una lista che ha unito partiti e movimenti della sinistra alternativa per tentare un ”assalto” (istituzionale) al Parlamento Europeo.

Proporremo dunque alcune domande ad Annalisa sperando di poter innescare un dibattito utile a tutti; anche perché, dal punto di vista del cittadino, conoscere meglio uno o più candidati vuol dire decidere a chi assegnare il proprio voto in maniera maggiormente consapevole.

* * *


Prima domanda. Partiamo dal lavoro. L’economista classico David Ricardo riteneva che oggetto dell’Economia Politica fosse lo studio della distribuzione del reddito di un Paese tra salari, rendite e profitti. Lasciando da parte le rendite, non occorre essere certamente un cultore di scienze economiche per notare che da almeno un ventennio la lotta tra salari e profitti è stata vinta, complici le politiche neoliberiste, da questi ultimi.
Il lavoro è stato attaccato e declassato, sono aumentati in una maniera spaventosa i lavoratori precari e i disoccupati; tanti cittadini hanno infine smesso di cercarlo. Come scrive Gallino, capitale e capitalisti oggi hanno vinto la lotta di classe: l’esempio forse più eclatante in tal senso per i cittadini italiani è il fatto che Marchionne guadagna mensilmente l’ammontare complessivo di centinaia di salari di operai o impiegati della FIAT.

Un momento dell'incontro conviviale

Oltre al neoliberismo, altre forze, anche di sinistra e comunque
critiche (per ultimi i “grillini”), hanno tentato di attaccare la centralità del lavoro; parliamo di teorici e movimenti per il reddito di cittadinanza. Siamo
entrati in un’epoca del post lavoro, sostengono questi, e avere un reddito,
anche se si scelga di non lavorare a vita, deve essere comunque un nuovo diritto.


Per ciò che concerne questo argomento, chi parla è invece un vero e proprio
keynesiano: Keynes infatti sosteneva che grazie allo sviluppo tecnologico potremmo lavorare tutti tre ore al giorno, quindici ore la
settimana. Noi cioè crediamo che debba condursi una lotta, soprattutto a
livello europeo, per ridurre l’orario di lavoro e non per ottenere il diritto a non lavorare come sostengono i teorici del reddito di cittadinanza.

Annalisa, tu cosa ne pensi a proposito? Il lavoro è ancora uno dei valori fondante della sinistra o è una zavorra che, per via del neoliberismo e dell’innovazione tecnologia, potremo domani evitare?

* * *


Seconda domanda. La sinistra degli ultimi decenni è abbastanza malmessa.
Probabilmente manca una teoria forte di base, un pensiero o dei valori
fondanti; ci sentiamo infatti tutti un po’ disorientati. Negli ultimi
anni però si è accesa una nuova speranza: le tante lotte per i beni
comuni, dall’acqua alle valli da difendere dalla TAV, dai teatri
occupati alla lotta per la biodiversità contro i brevetti su esseri viventi ed OGM e così via. Da queste lotte, da tali prassi di riappropriazione dei beni comuni, può nascere una teoria fondante per una nuova sinistra?

* * * 


Terza domanda. La forma burocratica di partito forse oggi non esiste più. Lungi da accezioni negative, una organizzazione è definita burocratica quando esistono in essa ruoli fissi e regole predeterminate. La burocrazia dei
partiti del Secolo scorso era in fondo una forma di democrazia: un militante per
divenire quadro o dirigente era obbligato a seguire un certo percorso, a fare anche una gavetta iniziale 
ed infine ad accettare regole burocratiche di selezione interne al partito. Il cosiddetto "centralismo democratico" del Partito Comunista derivava in fondo da un meccanismo burocratico di questo tipo.

Oggi i partiti e i movimenti più “alla moda” (come anche i 5 stelle)
hanno forme organizzative snelle, "liquide" ma con regole spesso “fumose”; propongono programmi politici buoni per non scontentare mai nessuno e che, per questo motivo, sembrano scritti da esperti di marketing; usano internet per aggregare la base e con questa comunicano alla velocità della corrente elettrica
dei personal computer. Hanno infine leader carismatici (da Berlusconi
a Grillo) ma non è mai ben chiaro tramite quali meccanismi democratici questi siano stati prescelti dalla base.

Non abbiamo nostalgia delle vecchie forme burocratiche, ma quel che notiamo da circa un ventennio (appunto da Berlusconi a Grillo) è sicuramente molto peggio (almeno dal punto di vista di democrazia interna a una organizzazione politica).

La lista Tsipras è nata per affrontare una competizione elettorale. In
cuor nostro speriamo che dopo le elezioni (bene o male che vadano)
l’esperienza avviata continui e che si prosegua a camminare assieme.
Ma i movimenti e i partiti della sinistra plurale che han contribuito
a creare la lista Tsipras come potranno organizzarsi assieme domani? In che modo potranno configurarsi andando oltre la “vecchia” burocrazia e fuggendo ogni tentazione di farsi guidare da capi carismatici?